La città di Bacoli è ricca di siti archeologici e di monumenti sepolcrali. Tra questi, oltre a quelli presenti a Via Miliscola, Cappella ed in Via Scamardella, in pieno centro, c’è il Colombario del Fusaro. Si tratta di un complesso di ambienti funerari presente all’incrocio tra Viale Vanvitelli e Via Virgilio, risalenti a varie epoche romane, scoperti nell’Ottocento e rinvenuti nel 1979. Tra questi vi è un colombario ad ipogeo, di età imperiale, avente una particolare forma circolare anziché rettangolare.
Una necropoli con sepolture ad inumazione e ad incinerazione
A Bacoli, in località Fusaro, tra il bivio di Viale Vanvitelli e Via Virgilio, a pochi passi dalla Casina Vanvitelliana e dal complesso termale di Baia, si trova una importante testimonianza storica: un’area sepolcrale di epoca romana, di proprietà comunale, con un colombario ad ipogeo ed altri ambienti non completamente esplorati.
Il Colombario del Fusaro è una necropoli che mostra sepolture ad inumazione e ad incinerazione databili tra il I° sec. a.C. fino alla prima metà del III sec. d.C., come dimostra l’alternanza di strati ad opera reticolata, laterizia ed in alcuni casi mista presenti sulle pareti dei vari ruderi. Esso è costituito da una serie di ambienti al livello della strada e da un edificio ipogeo del tipo, appunto, a colombario. I primi ambienti, quelli visibili al livello superiore, venivano utilizzati come luoghi di riunioni per celebrazioni religiose in onore dei defunti. Soltanto in un’ultima fase, quando i romani interruppero la pratica di bruciare le salme dei defunti, detti ambienti venivano utilizzati per sepolture ad inumazione, in fossa terragna o formae con coperture di tegole, come evidenziato da un totale di undici epigrafi ritrovate durante le operazioni di scavo.
La struttura del colombario imperiale
Nel settore nord-occidentale del complesso, al livello superiore, vi sono quattro ambienti a pianta rettangolare, realizzati tutti in opera laterizia, tranne qualcuno di essi che presenta pareti in opera reticolata ed altri con pareti in opera mista di laterizio e reticolato. Nel settore sud-orientale, invece, vi è un vasto recinto con panca e semicolonne in laterizio rivestite di intonaco; al centro di tale recinto si colloca l’imponente copertura in opera cementizia dell’ipogeo, a forma di piccola piramide a doppio gradone.
Il Colombario del Fusaro si presenta come un mausoleo di età imperiale formato da un basamento quadrato sormontato da un tamburo circolare a cui si accedeva attraverso uno stretto corridoio con undici scalini che introducono dapprima ad una camera funeraria minore, di pianta rettangolare, della stessa larghezza della scala, con nicchie per la deposizione delle urne sulle pareti, e poi alla camera funeraria principale, con la cella avente il diametro di 5,72 metri e la volta in mattoni (come tutto il sepolcro), illuminata da un’apertura rotonda posta al centro della copertura.
È un colombario dalla conformazione architettonica atipica, poiché non ha una pianta rettangolare come la stragrande maggioranza degli edifici di questo tipo, bensì una forma circolare, con copertura a cupola e parete in opera laterizia, intervallata da quattro grossi arconi rientranti (circa 60 centimetri) con otto coppie sovrapposte di nicchie per olle cinerarie.
In totale, all’interno della struttura funeraria, sono presenti un totale di 56 deposizioni, compreso un arcosolio, un sarcofago ricavato in una nicchia più ampia, coperta da un arco, nella quale, probabilmente, venivano deposte le olle dei defunti più illustri. L’illuminazione dell’ipogeo è garantita da altre tre piccole aperture, oltre a quella posta al centro della cupola. Il pavimento è realizzato in mosaico di semplici tessere bianche ed è ben conservato, tranne nell’angolo nord, dove si nota un’ampia lacuna.
La scoperta del Colombario del Fusaro, lettera a Re Ferdinando di Borbone
La scoperta del Colombario del Fusaro avvenne tra il 1840 ed i primi mesi dell’anno successivo, per mano del Regio Architetto Carlo Bonucci, che ne diede notizia in una lettera inviata al re Ferdinando II di Borbone, datata 16 aprile 1841. Questo il contenuto della lettera che il Bonucci scrive al Re delle Due Sicilie:
“[…] un’antica strada romana da Baia conduceva alla palude Acherusia (oggi Lago Fusaro) e di là si dirigeva a Cuma. Essa è di tratto in tratto fiancheggiata da campi funebri serviti per la plebe. Talvolta però vi s’incontrano gruppi di tombe più considerevoli ricoverti di terra e di piante selvagge. Noi abbiamo scoverto uno di questi sepolcreti che sembrava promettere importanti risultamenti. Esso è composto di un gran colombario di forma circolare che riceve luce da un finestrino situato in mezzo alla sua covertura. Diversi ordini di piccole nicchie per le olle cinerarie si veggono disposti intorno e due nicchie più grandi decorate da un frontespizio con pilastrini doveano esser destinate per le urne più illustri. A lato del colombario esistevano alcune stanze funebri ove abbiamo rinvenuto alcuni ordini di sepolcri, gli uni sugli altri di semplici tegole e collo scheletro di qualche servo. […]Vi scuoprimmo alcune iscrizioni di marmo che denotavano esservi sepolta Giulia Procula consorte di Cranio Marciano (C.I.L. X, n.° 2607) e Crania Prisca (C.I.L. X, n.° 2488 – Mus. Naz. n.° 3227) ed il fanciullo Aniceto (C.I.L. X, n.° 2051 – Mus. Naz. n.° 3229) […]
Storia recente del Colombario del Fusaro
Nel corso del tempo, abbandonato all’incuria, e dopo essere stato utilizzato prima come arsenale e poi come discarica, il Colombario del Fusaro compare e scompare diverse volte, fino agli anni cinquanta, quando nei pressi del sito fu costruito un parco condominiale con palazzine ad uso abitativo. Ritornato alla luce, l’intero complesso funerario passa in proprietà del Comune di Bacoli, grazie a una donazione e in quegli anni l’intera area funeraria era visibile, come attestato da un carteggio tra il prof. Amedeo Maiuri, Soprintendente alle Antichità di Napoli, e l’avvocato Ernesto Schiano, Sindaco di Bacoli, nonché dalle pubblicazioni del 1957 di A. De Franciscis e R. Pane.
Pochi anni dopo il sito funerario scompare nuovamente, come si apprende dal testo Baiae-Misenum (Forma Italiae, 1979), di M.R. Borriello e A. D’Ambrosio, i quali scrivono: “…Di tali ruderi non resta attualmente traccia”. Nel 1979, il Comune di Bacoli avviò un progetto di recupero, di riqualificazione e rilancio dell’intera area monumentale, impegnando un nutrito gruppo di giovani operai assunti con la legge 285/77.
A partire da fine anni Novanta, attraverso gruppi di scolaresche, volontari ed associazioni, il sito archeologico del Colombario del Fusaro è tornato ad essere curato e visibile dal fronte-strada, nonché visitato in occasione di alcune sporadiche iniziative. Particolarmente significative quelle condotte da Legambiente Campi Flegrei, che ha organizzato i Campi Estivi di Volontariato Archeologico, con la partecipazione di studenti provenienti da tutto il mondo, per lo studio ed il recupero dei vari ruderi, e da Freebacoli che ha promosso una serie di mostre, proiezioni e visite guidate. Oggi il sito si presenta in buono stato di conservazione, risultando visibile e curato sia al livello superiore che all’interno dell’ipogeo.
Il ritrovamento di 11 epigrafi funerarie
La pulizia del complesso dalla vegetazione e dai rifiuti di ogni tipo e lo scavo di sepolture ad inumazione negli ambienti al livello superiore, portarono al rinvenimento di alcune interessanti iscrizioni lapidee. Le prime tre sono state rinvenute nel 1841, con le prime esplorazioni da parte del Bonucci, architetto del Regno delle Due Sicilie, e le successive otto dalle altre operazioni di scavo che si sono succedute nel tempo, di cui l’ultima nel 1979 ad opera degli operai del Comune di Bacoli.
Dalla una prima lettura delle iscrizioni marmoree si fece risalire il Colombario del Fusaro all’età imperiale, pensando inizialmente che fosse stato edificato in onore dei Grania, una ricca famiglia puteolana, poiché venivano menzionati alcuni membri. In realtà si potrebbe pensare che, come evidenziato dalle ultime epigrafi rinvenute, la tomba sia stata costruita per raccogliere i defunti appartenenti ad una stessa congregazione, un collegium funeraticium, probabilmente liberti provenienti da una stessa famiglia.