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Casina Vanvitelliana

Casina Vanvitelliana

Sulle acque del Lago Fusaro campeggia il Casino Reale dei Borbone, più comunemente noto come Casina Vanvitelliana, dal nome dell'architetto Carlo Vanvitelli che l'ha costruita. È un villino su due livelli voluto da Re Ferdinando IV di Borbone nel 1782 per le sue battute di caccia e pesca ma, anche e soprattutto, come luogo di svago e relax, lontano dai doveri di palazzo. Un salotto buono per ricevere ospiti illustri come le più alte cariche della nobilità settecentesca ed anche artisti di fama internazionale, come Mozart e Rossini. Saccheggiata due volte, tra la rivoluzione giacobina del 1799 e gli occupanti della seconda guerra mondiale, nonché danneggiata dai fenomeni sismici e corrosa dagli agenti atmosferici, la Casina è stata oggetto di lavori di ristrutturazione tra il 1991 e gli anni Duemila grazie ai quali è tornata a tingersi dell'originario opaco celestino, il "colore dell'aria".

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Casina Vanvitelliana. (Dicembre 2021)
  1. Descrizione
  2. Struttura
  3. Pianterreno e ingresso
  4. Piano superiore
  5. Ponte di legno
  6. Arredi e dipinti
  7. Restauro 1991
  8. Ultimo restauro
  9. Pavimento
  10. Colori originari
  11. Visitare

La Casina Vanvitelliana è uno dei principali siti di interesse storico-culturale della città di Bacoli, nei Campi Flegrei, e dell'intera Regione Campania. Essa prende il nome dall'architetto Carlo Vanvitelli (1739-1821), Direttore di tutte le Reali Fabbriche (carica ereditata dal padre Luigi), che la costruì su commissione del Re Ferdinando IV di Borbone, sui resti di un isolotto a sud-est del Lago Fusaro, a pochi metri dai giardini dell'intero compendio borbonico.

Il Casino Reale – questa l'originale denominazione – rappresenta un gioiello dell'architettuta tardo-settecentesca, uno di monumenti più significativi dei Campi Flegrei, voluto dai Borbone per essere la riserva di caccia e pesca ma anche punto di relax e svago del Re circondato dai suoi illustri ospiti. Tra questi l'Imperatore d'Austria Francesco II, il principe Federico Clemente Conte di Metternich, Principe e Principessa di Sassonia, Zar e Zarina di Russia ma anche artisti di fama mondiale come i compositori Wolfgang Amadeus Mozart e Gioacchino Rossini e Jacob Philipp Hackert, pittore di corte di Ferdinando IV.

La Casina Vanvitelliana rappresenta insieme al Giardino Inglese e la Reggia di Caserta e la Villa di Chiaia (oggi Villa Comunale di Napoli), una delle ultime opere di Carlo Vanvitelli (1782), commissionate sempre dalla dinastia reale dei Borbone. Oltre all'intera genealogia dei Borbone di Napoli, vi hanno messo piede anche i re d'Italia Umberto I e Vittorio Emanuele III nonchè il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Nell'immaginario collettivo è altresì conosciuta come La casa di Pinocchio, per la somiglianza con la casa della Fata Turchina nel "Pinocchio" di Comencini del 1972. In molti, per anni, hanno attribuito quelle scene del film alla Casina Vanvitelliana, le quali, invece, furono girate sul Lago di Martignano a Viterbo.

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Casina Vanvitelliana durante un tramonto invernale. (dic. 2021)

Il Casino Reale, una struttura articolata su due livelli

Nel progettare la costruzione del Casino di caccia del Re, Vanvitelli è partito da una casetta preesistente su un isolotto posto a sud-ovest del Lago Fusaro di cui ha riveduto e corretto la base. Il villino sorge su una banchina circolare, una pianta poligonale fissata nel vivo di una grossa base vulcanica, circolare, stretta in blocchi cubici di pietrarsa.

La palazzina comprende piano terra e primo piano, con due corpi di fabbrica che si protraggono rispettivamente verso nord e verso sud, con complessivi 13 vani oltre agli accessori. Agli spigoli della banchina circolare, quattro bracci dotate di lanterne di ferro artisticamente battuto. Sui balconi, all'ingresso, sulle facciate esterne, stucchi con decorazioni marine di pregevolissima fattura come conchiglie e granchi, i quali hanno anche valore allusivo considerando che l'attività di pesca del Lago Fusaro.

Lo schema planimetrico del piano terra tiene conto di una sorta di deambulatorio che circonda una sala dodecagonale, con ambienti accessori e servizi. La scala che conduce al primo piano è collocata in posizione asimmetrica e interrompe la continuità con il deambulatorio. Il corpo inferiore più ampio fa da terrazza al piano nobile. Il fabbricato scarica le acque luride e bianche in una vasca di decantazione posta nella parte posteriore della piattaforma, acque che vengono poi sollevate da una elettropompa per essere immesse nella tubolatura di scarico presente sotto il ponte.

Il pianterreno e l'ingresso della Casina Vanvitelliana

All'ingresso della Casina Vanvitelliana due atrii, uno anteriore e l'altro posteriore, entrambi a forma di cerchio, ciascuno coperto da tre volte a vela e con tre grandi vetrate che costituiscono l'ingresso dall'esterno, oltre ad un'altra invetriata interna. Un salone a pianta circolare di circa 48 mq (volta a sesto ribassato decorata a stucco, con riquadri e cornici sagomate e con due finestre affaccianti su ogni atrio), due altri semicircolari, cinque locali (studio, pranzo, cucina e 2 camere da letto), nonché due locali, uno uso ripostiglio e deposito ed una stanza da bagno.

Tutti i locali sono coperti da volta a vela e ciascun ambiente illuminato da finestra con telai a vetri e bussoloni. Bagno ampio da 8 mq, dotato di vasca smaltata rivestita con tesserine nonchè da lavabo, bidet e vaso con cassetta a zaino di porcellana. I pavimenti sono in marmettoni o marmette, mentre il bagno è pavimentato con piastrelline greificate. Le pareti degli atrii sono rivestite da materiale sintetico isolante tinteggiato a cementite con riquadri di cornicette in legno. Salone rivestito da specchiature di stoffa mentre altri locali tinteggiati a colla.

Piano superiore, il piano nobile della Casina

Il piano superiore della Casina Vanvitelliana, definito anche come il piano nobile, in virtù della terrazza che affaccia sul resto del Lago Fusaro, presenta un ampio salone sulla stessa verticale di quello al piano inferiore, e due piccole stanze da letto, un ampio bagno e, appunto, due vaste terrazze oltre la gabbia di scala. Al piano superiore vi si accede mediante scala di marmo a tre rampanti e massiccia ringhiera in ferro battuto lavorato. Dalla porta di caposcala si entra in una stanzetta da 12 mq ed a sinistra al salone circolare che è in verticale a quello terraneo.

Il salone riceve luce da due finestre e due balconi prospicienti ai due terrazzi, uno a livello anteriore e l'altro a posteriore. Dal salone si passa ad altro disimpegno, simmetrico al precedente, da cui a sua volta si accede in un'altra delle stanzette dalla superficie di 12 mq, caratterizzate da accurati e pregiati affreschi presenti sui soffitti, ed alla stanza da bagno di circa 14 mq che presenta le stesse caratteristiche di quella al piano terraneo. Tutti gli ambienti hanno soffittatura con rete metallica intonacata, sistemata a distanza dal tetto di copertura. Gli ambienti sono tinteggiati con colore avorio e gli infissi verniciati ad olio all'esterno ed a smalto all'interno. Come per il piano terraneo, anche per il piano superiore i pavimenti sono in marmette, con la sola eccezione del bagno che è in piastrelline greificate.

Costruzione del ponte di legno

Il progetto iniziale del Vanvitelli non prevedeva l'accesso alla Casina se non con il passaggio in barca: soltanto nei primi anni del Novecento l'edificio è collegato alla terraferma da un ponte di legno. Lungo 51,4 metri, il ponte è costituito da 9 stilate formate ciascuna da quattro pali di pino infissi nel fondo del lago, collegati da membrature di legno pitch-pine (travetti longitudinali, travetti diagonali e puntoni) e sormontate da un triplice ordine di architravi anche di pitch-pine, sui quali corre il piano di calpestio della larghezza di 2 metri e da tavolato (anch'esso di pitch-pine), dello spessore di 4 cm. Due balaustre dello stesso legname costituiscono i laterali del ponte ed ai due imbocchi esse sono raccordate a due pilastrini pure in legno mediante mancorrente. Il ponte è rialzato nella sua parte centrale di circa 1,5 dal livello dell'acqua. Sotto di esso, lungo le travi longitudinali, passa la conduttura dell'acqua potabile, la tubolatura di discarico delle materie fecali ed i conduttori dei cavi elettrici.

Arredi e dipinti, il ciclo delle stagioni di Philipp Hackert

Preziosi gli arredi interni originali, con sete delicatissime di San Leucio, robuste tende in misto lino, cotone e viscosa color avorio, lampadari sfarzosi e quadri d'autore. Tra questi, i più significativi, nel salone superiore, i dipinti del "Ciclo delle stagioni" di Jacob Philipp Hackert e gli otto soggetti religiosi dell'artistica cappellina. Tutto andato perduto nel corso della Rivoluzione Giacobina del 1799 che, irrimediabilmente, ebbe riflessi anche su Napoli. Con il ritorno della famiglia reale al potere, qualche anno dopo, si riuscì a mettere insieme altri mobili, quadri e pezzi pregiati. Ma durante l'ultima Guerra Mondiale, la Palazzina fu occupata dalle truppe alleate subendo un secondo e definitivo saccheggio. Soltanto alcuni dipinti, trasportati nella Reggia di Napoli nel 1874 non sono andati perduti e si possono ammirare ancora oggi presso il Palazzo Reale di Napoli.

In particolare, ci sono quelli che il Re commissionò a Philipp Hackert. Ferdinando IV, impressionato dall'abilità con cui il pittore di corte riusciva a riprodurre fedelmente i luoghi visti dal vivo, aveva ordinato ad Hackert quattro dipinti per una sala tonda al Fusaro che dovevano raffigurare le quattro stagioni in località napoletane, con figure moderne vestite alla campagnola. E così nacque "la Primavera a San Leucio e dietro Pié di Monte Alifa", "l'Estate a Santa Lucia di Caserta e dietro Maddaloni", "l'Autunno a Sorrento con dietro Napoli" ed infine "l'Inverno a Persano con il Monte Postiglione coperto di neve alle spalle". Le redazioni finali dei dipinti, realizzati in verticale (misure 245x165 cm), furono completate a Roma tra il 1784 e il 1785. Oggi del ciclo delle stagioni rimangono solo dei bozzetti che furono donati dalla regina alla sorella Maria Cristina e confluiti nelle collezioni dell'Albertina di Vienna, poiché i dipinti, secondo la testimonianza biografica di Hackert, sono stati rubati dai lazzaroni nel 1799 e non si è mai riusciti a sapere dove sono andati a finire. I dipinti sono stati poi riprodotti durante le operazioni di restauro degli anni Duemila e piazzati al piano superiore, nella loro posizione originaria.

Per quanto concerne gli otto dipinti olio su tela della Cappella Reale, oggi conservati presso il Palazzo Reale di Napoli, sono tutti pervenuti nel 1874, come risulta dall'inventario eseguito allora per il passaggio di consegne delle dotazioni della Corona borbonica e di quella sabauda. Uno, di forma ovale con cornice dorata, attribuito a Fedeli Fischetti, rappresenta l'effigie di San Gennaro in Gloria (140x95 cm), un altro rappresenta la Vergine Addolorata a mezzo busto (50x35 cm) ed è attribuito a Domenico Mondo così come quello raffigurante San Giuseppe (47x63 cm). Un altro in cui vi è San Giuseppe col bambino (75x62) è attribuito a Giacinto Diano, mentre a Giuseppe Simonelli fanno riferimento Santa Caterina e Giuditta, entrambi 90x63 cm ed entrambi a mezzo busto.

Primo restauro parziale nel 1991: il consolidamento del tetto

La Casina Vanvitelliana è stata saccheggiata due volte, tra i moti rivoluzionari del 1799 e l'occupazione da parte delle truppe alleate nel corso della seconda guerra mondiale, ed è stata danneggiata da fenomeni sismici e bradisismici come quelli del 1805, 1980 e 1984. Essa denotava uno stato di abbandono avanzato, aggravato dall'ubicazione del sito, sottoposto all'aggressione ed alla corrosione degli agenti esogeni del clima umido marino. Nel 1991 il gruppo "Consorzio Studi e Tecnologie per il Restauro" ha operato una prima operazione di restauro con un intervento finalizzato alla conservazione del monumento ed alla sua messa in sicurezza, dotandolo del necessario rinnovamento degli impanti tecnologici (elettrico, telefonico, termico ed anti-incendio) per le destinazioni d'uso ad attività espositive.

Sono stati realizzati interventi di risanamento delle murature dall'umidità di risalita ed è stata consolidata la banchina in basoli di pietra vesuviana. E' stato, inoltre, effettuato un lavoro di consolidamento delle capriate lignee che compongono la complessa struttura portante del tetto, quest'ultimo coperto da tegole in laterizio. Si tratta di un articolato sistema di travi e supporti che hanno garantito grande tenuta contro gli agenti atmosferici ma anche notevole resistenza per la natura vulcanica dei Campi Flegrei. Una struttura formata da 18 diverse tipologie di capriate lignee, puntoni, murali, cantonali e dormienti, tutte poggianti sulle murature perimetrali.

L'ultimo restauro: deumidificazione, pavimentazione e il ritorno al colore originario

Attraverso i fondi del P.O.R. 2000-2006, la Casina Vanvitelliana è stata interessata da una più importante opera di restauro. Innanzitutto un nuovo consolidamento della banchina che, nonostante sia stata ripavimentata nell'intervento del 1991 con basoli in pietra vesuviana, presentava una fagliatura sul versante di ponente di circa 16 metri e alcuni basoli sconnessi nelle giunture. I problemi di umidità sono stati affrontati una bonifica delle murature con barriera impermeabile e la realizzazione di un intonaco traspirante. In tal senso un importante è stato fornito dalla società Ing. Alvano srl, una società di engineering con sede a Napoli, chiamata in causa innanzitutto per gli interventi di deumidificazione durante l'opera di restyling.

La Ing. Alvano srl ha infatti fornito la tecnologia specifica, nonché la metodologia d'intervento, per l'adeguamento applicativo finalizzato alla decontaminazione salina, deumidificazione e restauro conservativo di parti della muratura portante e perimetrale prospicienti la Casina, l'Ostrichina e gli Stalloni del complesso borbonico. In particolare, mediante l'impiego di una barriera chimica, eseguita in parti identificate dell'area basamentale della muratura attraverso metodo capacimetrico con sistema a lenta infusione, riempiendo i trasfusori con resina a basso peso molecolare (metiletossisilossano), derivata dai silani organo funzionali. È stata eseguita una doppia fila di fori sfasati, ognuno con diametro di 30 mm, sigillati con malta premiscelata. Interventi mirati ad evitare umidità e macchie di muffa sulle pareti degli intonaci esterni si è proceduto alla rimozione dei prodotti di alterazione di origine biologica e della vegetazione superiore attraverso asportazione meccanica e applicazione di preparati inibitori. Per gli intonaci degli interni sono state poste strisce di compensato per un'altezza di circa 2,4 metri ed uno spessore di 8 cm negli angoli che le pareti formano con le grosse lesene. Alcune di esse sono state montate anche lungo i battiscopa in basso e sotto le cornici in gesso in alto. Strisce di compensato che sono state dapprima incollate alle pareti e poi inchiodate. Il telaio che si è formato risulta utile sia per ospitare il tessuto del tendaggio, sia una migliore traspirazione delle pareti, in virtù di una camera d'aria venutasi a creare tra il piano di posa e la parete sottostante. Quest'ultimo effetto è reso ancora più efficace da uno strato di ovatta sintetica unito ad un sottoparato di mollettone in puro cotone naturale, interposto tra stoffa e pareti, onde evitare che macchie di umidità possano aggredire i tendaggi e la tappezzeria.

Riproduzione della riggiola napoletana

È stato completamente rifatto il pavimento maiolicato del salone del piano superiore. Andato completamente distrutto quello originario, è stata possibile un'opera di totale riproduzione (più o meno fedele alla prima) grazie ad una sola mattonella rimasta intera. Si tratta di una cosiddetta "riggiola napoletana" prodotta da un'antica e prestigiosa fabbrica di maioliche della Napoli del Settecento, Giustiniani (lo si è dedotto dalla presenza del marchio autentico).

La riproduzione non è stata semplice, poichè anticamente ogni artigiano proponeva dei colori venuti fuori da miscele difficili da imitare e poi perchè oggi è impossibile utilizzare smalti con le stesse caratteristiche di quelli di un tempo (quelli antichi erano ricchi di piombo, oggi bandito per la sua tossicità). In ogni caso il lavoro è stato eseguito artigianalmente in tutte le fasi: mattoni foggiati a mano, cotti in forni con controllo elettronico della temperatura (a 1080°), asciugati, smaltati per aspersione con un celestino che non è chiaro come quello originario e poi decorati con l'aiuto di stampini in plastica. Successivamente le nuove riggiole sono state rifinite a mano libera per poi essere rialloggiate in appositi moduli refrattari per una seconda cottura a 970°. Se da un lato la riproduzione del nuovo pavimento ha raggiunto dei risultati discutibili in termini di somiglianza con quello originale, di un celeste più chiaro e con colori meno rimarcati, dall'altro risulta efficace in termini di resistenza e durata.

I colori originari e lo stemma del Regno delle Due Sicilie

In occasione del restauro degli anni Duemila è stato possibile restituire la Casina Vanvitelliana ai suoi colori d'origine attraverso la ricostruzione iconografica. Alla tinteggiatura rossa dei fondi e gialla delle modanature che apparve sui dipinti di Giacinto Gigante, si prese in considerazione il celebre dipinto di Philipp Hackert, "Ferdinando IV a caccia di folaghe sul Fusaro", per tornare ad utilizzare il "celestrino", o meglio noto come "colore dell'aria", per le facciate e le specchiature dei parapetti murari, e da un colore chiaro con una leggera componente di giallo, che doveva richiamare il "colore della pietra", per le modanature e gli stucchi.

Oltre alla riproposizione dei colori originari, è stato anche ricollocato uno stemma del Regno delle Due Sicilie, posto sul frontone di una delle finestre del piano nobile ma ben visibile anche dal piano terraneo, in corrispondenza con l'accesso al primo ambiente della Casina. Il manufatto raffigurante lo stemma borbonico (145x145 cm) è stato realizzato con un'anima di polistirolo compatto ignifugo interamente scolpito a mano e con pittura opaca bianca. I particolari sono stati eseguiti artigianalmente con della pasta modellante ed il tutto è stato ricoperto di resina cementizia per uso esterno per la protezione dagli agenti atmosferici.

Come arrivare e come visitare

Il parco del Comendio Vanvitelliano del Fusaro è aperto al pubblico tutti i giorni, dalle 8 alle 20, ingresso gratuito. La Casina Vanvitelliana è visitabile il venerdì e sabato dalle 17 alle 21 e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 21. Ultimo ingresso 30′ prima della chiusura. In caso di avverse condizioni meteo il sito potrebbe risultare inaccessibile.

Il biglietto d’ingresso è di € 5 a persona. I bambini inferiori ad 1 mt non pagano. Disabili ed un accompagnatore ingresso libero. Per le aperture extra orario il numero minimo dei gruppi è sceso a 10 ma devono essere accompagnati da una guida accreditata e non bisogna rivolgersi al Comune di Bacoli ma al numero +39 3533716876 oppure alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Si specifica che all’interno del sito è presente una scala per salire al primo piano. Si può accedere alla Casina Vanvitelliana a partire dall'ingresso del parco, il "Compendio Vanvitelliano del Fusaro", in Piazza Rossini n.1 (Bacoli).

Con l'autovettura, dalla Tangenziale di Napoli, prendere l'uscita n.14 (Pozzuoli, Arco Felice, Bacoli) e seguire indicazioni per Bacoli, Via delle Terme Romane ed a seguire in fondo a Viale Vanvitelli. In alternativa, dalla superstrada SS7qtr, prendere l'uscita "Lago d'Averno", alla rotonda prendere la seconda uscita proseguendo su Via Montenuovo Licola Patria, tornare indietro alla rotonda successiva per poi imboccare sulla destra Via Arco Felice Vecchio e seguire le indicazioni per il Fusaro una volta attraversato la porta di Arco Felice Vecchio. È possibile parcheggiare nell'area parcheggio adiacente il Parco.

È molto comodo utilizzare i mezzi pubblici da Napoli prendendo la linea ferroviaria "Cumana", scendere alla stazione di "Fusaro" per trovarsi ad un solo minuto a piedi da Piazza Rossini. Prediligere, per comodità, l'arrivo mediante la linea ferroviaria "Cumana" assicurandosi, però, su regolarità del servizio di trasporto pubblico prima di viaggiare. In caso di pioggia fare attenzione nel muoversi a causa della pavimentazione del parco che è in terra battuta e per questo soggetta ad essere scivolosa. Se appassionati, munirsi di macchina fotografica perchè potrebbe esserci l'opportunità di immortalare uccelli tipici della zona, come il martin pescatore. Approfittare dell'orario del tramonto per scattare foto mozzafiato e godere dei riflessi di luce sul Lago.

Per effettuare servizi fotografici professionali o a scopo commerciale/pubblicitario presso il Parco Vanvitelliano occorre rivolgersi al Personale di Vigilanza presente in loco tutti i giorni dalle ore 8 alle ore 19. Il Comune di Bacoli, con Regolamento approvato con Delibera di Consiglio Comunale n.52 del 06/11/2015 (integrato e modificato con Delibera del Commissario Straordinario n.17 del 10/02/2017 e n.90 del 28/04/2017) ha individuato la Casina Vanvitelliana, Complesso Borbonico del Fusaro come luogo idoneo per la celebrazione dei matrimoni civili. È possibile procedere alla celebrazione di matrimoni compatibilmente con la disponibilità dei locali e le esigenze organizzative d’ufficio. Per informazioni, modalità di pagamento e prenotazione occorre contattare l’Ufficio di Stato Civile del Comune di Bacoli (0818553111).

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