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Grotta della Dragonara

Grotta della Dragonara

Oltre alla Piscina Mirabile , a Bacoli c’è un’altra imponente cisterna romana: la cosiddetta Grotta della Dragonara. Completamente scavata all’interno della roccia di tufo della montagna di Miseno, con acqua che sgorga da una fonte termale, la struttura oggi è visitabile grazie ad una passerella in ferro e ad un assuntore di custodia che se ne prende cura quotidianamente. Utilizzata come rifugio, deposito e discarica nel Novecento, in passato doveva asservire la villa marittima appartenuta a Lucullo (in cui secondo Tacito vi morì l’imperatore Tiberio), da cui si digradano in mare le annesse peschiere.

grotta dragonara miseno
Grotta della Dragonara di Miseno

Cisterna romana di acque sorgenti da fonte termale

A Capo Miseno, nel Comune di Bacoli, in fondo all’estremità orientale della spiaggia, scavata nella parete tufacea del promontorio, c’è la Grotta della Dragonara, un sito archeologico la cui etimologia deriverebbe proprio dal termine latino Draconaria “grotta rocciosa”.

Si tratta di una cisterna romana, con acqua che sgorga dal sottosuolo per la presenza di una fonte termale. Proprio la presenza di una fonte d’acqua dolce sul lato ovest fa intendere che, pur avendo una funzionalità similare a quella della Piscina Mirabile , che raccoglieva l’acqua del Serino per rifornire la flotta romana imperiale presso il porto di Misenum, la Grotta della Dragonara in realtà doveva asservire un vasto complesso residenziale ivi situato. Infatti, la cisterna doveva essere pertinenziale agli ambienti riconducibili ad una villa marittima appartenuta a Licinio Lucullo.

Una sequenza di ambienti in parte scavati nel tufo ed in parte costruiti in mare. Un vestibolo a pianta rettangolare, caratterizzato da una serie di archi in laterizio (con caditoie e condotte idriche nella volta) metteva in comunicazione la grotta con gli ambienti residenziali della villa e con il vero e proprio quartiere marittimo composto da un insieme di altre cisterne, ninfei e peschiere (appunto, le cosiddette Peschiere di Lucullo) che si digradano verso il mare, alcune di esse insabbiate, visitabili attraverso immersioni subacquee. Una villa disposta a terrazzamenti, appartenuta prima a Caio Mario, a Cornelia madre dei Gracchi, poi acquistata da Lucullo, ricco personaggio politico del I° secolo a.C. ed infine passata al demanio imperiale. Si tratta della stessa residenza in cui, secondo Tacito, morì l’imperatore Tiberio.

Planimetria e struttura interna della grotta della Dragonara

La Grotta della Dragonara, scavata nella montagna di Miseno, presenta una pianta quadrangolare divisa in cinque navate da quattro file di 12 piloni ricavati anch’essi nel tufo, di forme irregolari e foderati in opera reticolata, andando a comporre una sorta di labirinto tra gallerie che si diramano e si intersecano, con intonaco idraulico in cocciopesto a rivestire le pareti.

La cisterna è lunga un totale di 60 metri ed è larga 6. Essa è coperta da una volta a botte con tre grandi aperture dotate di scale, oggi parzialmente visibili, da cui si accedeva in passato (poi murate dai proprietari delle abitazioni sovrastanti), che venivano utilizzate per l’immissione dell’acqua e per le opere di manutenzione. La parete di fondo del vano è in opera laterizia, relativa al I° secolo d.C.

Le scoperte durante gli scavi della Soprintendenza Archeologica

Grazie a scavi recenti condotti dalla Soprintendenza Archeologica, ai lati del vano di accesso, sono state rinvenute tre edicole affiancate, parzialmente interrate, inquadrate da colonnette, di cui quella centrale sormontata da un frontoncino mentre quelle laterali da lunette.

Dalle indagini è anche emerso, nella galleria a sinistra dell’ingresso, lo speco del cunicolo di immissione idrica, cui si contrappone nel pavimento una pezzatura di 42 tegole con alette (della misura di 43x35 cm griffate Satvrnin), disposte in sette filari, collocate con l’intento di prevenire il deterioramento del manto di cocciopesto a causa del gocciolamento continuo dell’acqua.

Inoltre è stata messa in luce una vasca, sempre rivestita in cocciopesto, accessibile tramite gradini e caratterizzata da un piano inclinato verso un’apertura comunicante con una cisterna sottostante. Non solo: sono stati rinvenuti resti mal conservati di un ninfeo e di altre cisterne più piccole.

Da tappa del Gran Tour fino alla custodia di Salvatore Greco

La Grotta della Dragonara, a Capo Miseno, ha rappresentato una delle tappe tra i siti archeologici visitati nel Gran Tour dell’Ottocento. In passato era stata ribattezzata anche con l’appellativo di “Bagno di Finocchio”, a causa della pianta che cresce ancora oggi spontaneamente nelle vicinanze.

Durante gli anni dei due conflitti mondiali, essa è stata utilizzata dalla popolazione locale come rifugio dall’occupazione nazista. Oggi risulta semi-sommersa a causa del bradisismo, tant’è che la Soprintendenza Archeologica ha installato una passerella in ferro per consentire la visita.

L'assuntore di custodia, Salvatore Greco, in cambio di un indennizzo annuo pari a poco più di 400 euro, provvede all'apertura ed alla manutenzione ordinaria del sito che fino al 1980 era una vera e propria discarica, con rifiuti di ogni genere, materiale di risulta e acqua della cisterna inquinata, tutti effetti dell'urbanizzazione sfrenata della piccola frazione di Miseno. In molte proprietà private sono distribuiti i resti e le tracce degli altri settori della villa marittima appartenuta a Lucullo, come testimoniano le cosiddette Terme di Cudemo.

  • Assuntore di custodia
  • Salvatore Greco
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  • Prezzo biglietto
  • Gratuito

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