Il Sacello degli Augustali è un tempio costruito nell'antica città di Misenum, nell'odierna Bacoli, sede della flotta imperiale romana Classis Praetoria Misenesis, per omaggiare e divinizzare gli imperatori con banchetti, giochi e feste. Le statue e i resti del collegio, ritrovati casualmente a partire dagli anni Sessanta, sono conservati nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei.
- Descrizione
- Augustali a Miseno
- Ambiente centrale
- Altri ambienti
- Pavimento
- Statue e dediche
- Ceramiche
- Contatti
Un tempio romano dedicato agli imperatori
Il Sacello degli Augustali è uno dei siti archeologici dei Campi Flegrei più giovani in termini di ritrovamento. Localizzato a Miseno, tra Punta Terone e Punta Sarparella, nell'area retrostante l'antico porto di Misenum, a pochi metri dal teatro, fu rinvenuto casualmente nel 1968 attraverso degli scavi che hanno fatto seguito ad opere di natura privata.
Il Sacello degli Augustali è un edificio di età imperiale, in cui si riunivano i collegiali (gli augustali) appartenenti all'antica città di Miseno per rendere omaggio all'imperatore attraverso varie attività dei collegia Augustalium. Era cura degli Augustales, infatti, compiere in questi luoghi di culto riti divinatori, indire giochi ed organizzare banchetti e cerimonie in onore degli imperatori divinizzati ed in suffragio del genius o numen dell'imperatore in carica. Esso è un vero e proprio tempio, costruito e rimodernato a partire dal II° secolo d.C. attraversando più fasi storiche dell'impero romano: da quella tardo-augustea a quella antonina, come dimostrano gli scavi condotti fino al 1972.
Il Sacello degli Augustali è un tempio (Templum Augusti quod est Augustalium come recita una delle iscrizioni ivi rinvenute) dedicato agli imperatori romani che la tradizione imponeva di divinizzare in un vero e proprio culto in un apposito luogo.
Gli Augustali a Miseno
A Miseno la consistente presenza degli Augustali è legata non solo alla flotta Classis Praetoria Misenensis ma anche per ragioni economiche: essendo la maggior parte di essi dei ricchi negotiatores, impegnati nei traffici dei beni primari che voluttuari, attraverso questi collegia passavano anche alcuni nodi vitali dei commerci flegrei.
Gli Augustali erano personaggi particolarmente facoltosi che ostentavano la loro ricchezza attraverso sovvenzionamenti per ammodernamento di luoghi di culto, proprio come avvenne per il Sacello degli Augustali nella seconda metà del II° secolo d.C. con Cassia Victoria e suo marito Laecanius Primitivus, sacerdote augustale dell'epoca di Marco Aurelio. Questi ultimi sono entrambi raffigurati nel frontone a timpano custodito nelle sale museali del Castello di Baia insieme a due vittorie che reggono una corona di quercia e, negli angoli, la prua di una nave e un delfino.
L'ambiente centrale
Ad oggi il Sacello si presenta con tre ambienti affiancati, in parte ricavati dalla roccia ed in parte realizzati in muratura, che si affacciano su un cortile porticato.
Dei tre ambienti quello centrale risulta il vero e proprio sacello, poichè sopraelevato rispetto agli altri due laterali, un prospetto in opera listata di tufelli e laterizi. Esso si erge su un podio con cella rettangolare che si conclude in fondo con un'abside oltre ad essere formato da un pronao tetrastilo preceduto a una gradinata di marmo fiancheggiata da podi in muratura rivestiti da lastre marmoree.
I resti di questo pronao e del frontone a timpano con epistilo che campeggiava su di esso sorretto da colonne in marmo cipollino, sono presenti nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei presso il Castello di Baia. In quest'ultimo sono presenti anche alcune statue ritrovate nel sito, quella bronzea-equestre di Domiziano-Nerva a cavallo (inizialmente dedicata a Domiziano, prima della damnatio memoriae, poi dedicato a Nerva con la sola sostituzione del volto) e quelle in marmo degli imperatori Vespasiano e Tito in nudità trovate adagiate in apposite nicchie rettangolari presenti in fondo alla cella centrale.
Altro elemento che conferma l'importanza predominante di questo ambiente centrale rispetto agli altri due è la presenza di un pavimento in opus sectile di marmi policromi nella banda centrale, tra l'abside e l'ingresso (non visibile perchè sommersa dall'acqua), con riquadri di marmi pregiati di vario colore (giallo, bianco, nero etc...) che formano un motivo geometrico. Nei settori laterali, invece, la pavimentazione è in cementizio con inserzioni di tessere bianche di calcare. Sulle pareti in opus reticolatum sono ancora evidenti le impronte delle lastre di rivestimento marmoreo. Ad oggi la pavimentazione dell'intero complesso risulta sommersa a causa di una frana staccatasi dal costone del tufo retrostante (avvenuta nel III° secolo d.C.), degli effetti del bradisismo e della presenza di una falda acquifera che ha creato un habitat naturale per una colonia di oche oggi occupano perennemente il sito.
Gli altri ambienti
Gli altri due ambienti del sacello di Miseno presentano caratteristiche leggermente differenti.
L'ambiente alla destra della cella centrale (alla sinistra rispetto a chi guarda il sito dal fronte strada attuale dell'omonima Via Sacello degli Augustali nell'odierna Miseno) ha una semplice pianta rettangolare con le pareti ovest e quella di fondo in opera reticolata con ammorsature in opera vittata. La copertura non doveva essere con volte in cocciopesto bensì una semplice tettoia in legno considerando la presenza di un incasso nella parete di fondo.
L'ambiente invece posto alla sinistra della parte centrale ha una pianta quadrata con abside sul fondo e presenta due coperture diverse (volta a botte per la parete di fondo e volta a crociera per la parte anteriore), a dimostrazione dei tanti interventi di ristrutturazione subiti dal sito. Dal prosieguo della parete di fondo in opera reticolata si ha traccia della presenza di un piano superiore a cui è associata una cisterna ricavata in parte dal tufo.
Il pavimento in opus sectile
Nell'ambiente principale del Sacello degli Augustali c'è un tipo di pavimentazione differente rispetto a quelle, anch'esse sommerse, delle ambientazioni laterali. Si tratta di un pavimento che nei settori marginali è realizzato in cementizio con inserzione di tessere bianche di calcare, mentre nella fascia centrale che va dall'ingresso al fondo dell'abside, è in opus sectile di marmi policromi, riquadri di marmi pregiati di vario colore (nero, bianco, giallo, etc etc...) che formano motivi geometrici.
I materiali sono marmo africano, giallo antico, pavonazzetto e bardiglio con listelli in palombino e ardesia. E' una stesura pavimentale del tutto inedita per l'area flegrea, realizzata in un unico momento insieme al pronao e frontone (metà II° secolo), con il sectile che si sviluppa in senso assiale per un’estensione minima di ca. 9 m x 2 nella zona centrale del vano e massima di ca. 9 m x 4,5 a ridosso dell’ingresso. In esso si alternano un modulo quadrato-reticolare da 90 cm, con quadrati maggiori (da 60 cm) entro i quali sono inscritti quadrati Q2L (da 40 cm), quadrati minori (da 30 cm) anch’essi con motivo Q2 e rettangoli semplici.
Le statue e le dediche imperiali
Nel Sacello degli Augustali sono state ritrovate delle statue oggi presenti nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei al Castello di Baia. Due di queste risalgono al periodo in cui i collegiali del Sacello divinizzavano la gens Flavia e sono dedicate, appunto, agli imperatori Vespasiano e Tito, entrambi in marmo bianco, in nudità, ritrovate all'interno di due nicchie rettangolari in fondo all'abside dell'ambiente centrale. Inoltre è stata ritrovata una statua in bronzo di un imperatore a cavallo: inizialmente era dedicata a Domiziano ma in seguito alla damnatio memoriae il volto della testa è stato sostituito con quello di Nerva, il suo successore.
In seguito ad alcuni studi condotti negli anni Duemila, attraverso la scoperta di dediche imperiali pressoché identiche poste su ambo i lati delle iscrizioni ai piedi dei podi del pronao, si è dedotto che le statue bronzee ne dovevano essere almeno due, entrambe risalenti al 95 d.C. Una statua con l'imperatore a cavallo, in versione conquistator, di cui oggi si conservano i resti al Museo di Baia, ed un'altra, presumibilmente, in versione pacator, ad esprimere la virtù imperiale della clementia come si era soliti fare a quel tempo e come già accaduto per altri imperatori dell'età augustea e antonina.
Tali accertamenti furono resi possibili grazie allo svuotamento del sacello dell'acqua della falda, avvenuto nel 2007, per la realizzazione di un nuovo muro di contenimento. Ciò ha fatto sì che alcuni studiosi potessero notare delle epigrafi poste a lettere retroverse sulle lastre marmoree poste ai piedi dei due podi del pronao. Il ritrovamento di un'altra dedica imperiale, sempre negli anni Duemila, dimostra che l'attività del collegio degli augustali di Miseno non si esaurì con gli anni di Marco Aurelio e Lucio Vero, entro il decennio 160, ma attraversò anche un importante fase severiana risulta poi attestata dalla documentazione scultorea. Lo dimostra una iscrizione su una base di una statua, rinvenuta nel cortile del collegio, in cui vi è una dedica ad Elagabalo, imperatore dal 218 al 222 d.C.
Le ceramiche ritrovate
In seguito ai ritrovamenti di frammenti di ceramica comune da fuoco presso il sito archeologico di Miseno, le analisi mineralogiche e petrografiche condotte su dieci campioni di essi hanno evidenziato l'appartenenza a tre gruppi di materiali caratterizzati da tre differenti smagranti vulcanici. La maggior parte dei campioni fa riferimento alla ceramica da fuoco da Pantelleria (Pantellerian Ware), un tipo di ceramica dotata di buone proprietà tecnologiche, con smagrande in argilla e non in calcare, con buona resistenza agli schock termici.
Il suo utilizzo era particolarmente diffuso nell'area del Mediterraneo: dalle coste spagnole e nordafricane al Sud Italia con lavorazioni anche a Napoli e nel golfo di Pozzuoli. Un secondo gruppo ha una provenienza, presumibilmente, dalle Isole Eolie, viste le caratteristiche di inclusi vulcanici tipici di rocce calcalcaline, mentre un terzo gruppo fa riferimento a quella che doveva essere una produzione locale visti gli abbondanti frammenti di rocce trachitiche e leucititiche.