Ah se queste pietre potessero parlare, chissà quante storie ci racconterebbero? O forse, sommessamente, ci sussurrerebbero: “Caro amico guidatore, capisco la fretta, la strada stretta, le curve a gomito, la tangenziale da prendere, ma ogni tanto osservami e ascolta. Perché dentro di me si cela una parte fondamentale della Storia plurisecolare che “racchiude” l'antica città di Cumae. No, non sono un muro di contenimento, e nemmeno una muratura a secco realizzata dal “campagnuolo” a tutela del suo orticello. Io sono...”.
Nessuno ci fa caso, ma salendo verso l'Arco Felice, sulla destra, lungo il muro di cinta di una proprietà privata, si riconoscono tre filari di blocchi di tufo giallo messi in opera con tecnica isodoma (tecnica muraria costituita da blocchi di tufo di uguali dimensioni e disposti regolarmente), in alcuni punti frammisti a laterizi e marmi. Un altro significativo tratto di fortificazioni lo si può scorgere più avanti, alla prima curva, al di là del cancello che immette in una proprietà privata. Allineato al precedente, anche questo muro è messo in opera con tecnica isodoma.
Sono le mura meridionali dell'antica città di Cuma. La tecnica muraria utilizzata consente di datarle al VI sec. a.C. È ipotizzabile che proprio qui, sulla c.d. “Croce di Cuma”, ci fosse una delle porte della cinta meridionale, a cui forse giungevano le strade che da Misenum e da Puteoli conducevano a Cumae.
Difatti, la realizzazione di quest'opera muraria nasce a seguito della famosa battaglia del 506 a.C., combattuta e vinta dai Cumani contro gli Etruschi, e s'inquadra nel periodo di maggiore vitalità della Cuma arcaica: quello della tirannide di Aristodemo. Figlio di Aristocrate, Aristodemo fu soprannominato malaco (malakos-effeminato), termine che significa anche “molle, sfarzoso”, forse per dar credito al mito che i Cumani vestivano con molto lusso e sfarzo. Posto a capo dell'esercito cumano, egli sconfisse gli Etrushi nella prima battaglia di Cuma (524 a.C.), ponendo così fine alla loro espansione nell'Italia meridionale. Alleato dei Latini, sconfisse di nuovo gli Etruschi guidati da Arunte, figlio di Porsenna, nella battaglia di Aricia intorno al 506 a.C. Tornato in città, carico di tesori e gloria, fece uccidere i maggiorenti che gli si opponevano, e assunse il governo di Cuma come tiranno.
Il Malakos non limitò la sua azione alla sola realizzazione della cinta muraria, ma fu promotore anche della bonifica della zona paludosa a nord della città, mediante relativi bacini di drenaggio, nel quadro di un programma politico volto a ridisegnare l'assetto degli spazi urbani ed extraurbani della città. Morì intorno al 492 a.C., ucciso in una congiura ordita dagli aristocratici.