È una delle tante meraviglie che caratterizzano la nostra, ahimé, poco apprezzata e conosciuta Terra Flegrea. Il suo nome? Si chiama Antro del Cerbero (Foce vecchia del Fusaro) ed è stato scavato al piede del banco tufaceo di Torregaveta. A chi apparteneva quest'opera? Soprattutto, cos’era?
Tra il II e il I secolo a.C., i nobiles romani costruirono numerose ville e stabilimenti termali, sulle sponde del lago Fusaro. La più famosa di queste era la domus del console romano Servilio Vatia. I Romani che gli invidiavano la pace che egli cercò e ritrovò in questi lidi incantati, ripeterono spesso la frase: “'O Vatia, solus scis vivere – O vatia, tu solo sai vivere” (Seneca, Lettere a Lucilio, 55, 3).
Il taglio (lungh. m. 125; largh. m. 4,30; h. m.6/8; sommersa - 2,5 e -3 m. in alcuni punti), secondo fonti storiche, era funzionale ad una Villa Marittimae di notevole estensione, appartenuta al console romano Publio Servilio Vatia Isaurico (134 - 44 a.C.).
Peculiare come ad altre ville contemporanee, la residenza del console si eleva dal “Pan di tufo” di Torregaveta, disponendosi su terrazze panoramiche digradanti dolcemente verso il mare, secondo la classica architettura scenografica. Come tutte le altre residenze che punteggiavano l'antico litorale era dotata di piscinae in litore constructae (peschiere e/o vasche), per la piscicoltura e il rifornimento del pesce fresco, di conserve idriche e di impianti termali privati. Purtroppo, oggi ben poco rimane degli antichi fasti.
I nuclei architettonici individuati sono pochi e decontestualizzati. Dell’antica residenza sono visibili due ambienti coperti a volta con paramento in opera reticolata e rivestimento in signino, che fungevano da riserva idrica per la villa e poche altre sparute tracce disarticolate e sparse lungo il costone tufaceo. La maestosità della villa, oggi tutta da immaginare, rappresentava un eccezionale esempio della mirabile perizia degli architetti romani nel saper adattare gli spazi naturali alle esigenze funzionali delle loro strutture.
Ad aiutarci a vedere al di là delle porte del tempo è Luccio Anneo Seneca, attraverso le Epistulae morales ad Lucilium; scrive il vecchio precettore di Claudio Nerone:
“...Della villa in sé non posso scriverti nulla di sicuro; infatti conosco solo la sua facciata e le parti esposte, che essa mostra anche ai passanti. Ci sono due grandi grotte di grandi dimensioni, simili ad un atrio spazioso, artificiali, una delle quali non è esposta al sole, l'altra lo è tutto il giorno. Un ruscello, derivante dal mare e dal lago Acherusio, a mo' di canale divide in due un boschetto di platani, e basta a nutrire i pesci, anche se vi si attinge continuamente. Ma quelli sono risparmiati quando il mare è calmo; ma quando la tempesta costringe al riposo i pescatori, è a disposizione delle loro attrezzature. Ma ciò che è più comodo nella villa, è che ha il mare di Baia al di là dei confini: gode dei suoi piaceri e delle sue scomodità. Conosco anche i suoi pregi: credo che essa sia agibile per tutto l'anno; infatti è esposta al vento favonio (Favonius: vento di ponente – il greco Zefiro) e lo riceve a tal punto da sottrarlo a Baia. Non sembra sciocco che Vatia abbia scelto questo luogo in cui trascorrere il suo tempo libero della vecchiaia in tranquillità” (Seneca, Lettere a Lucilio, 55, 6-7).
Leggendo queste epistole è molto probabile che lo scenario prospettato da Seneca si fosse fortemente modificato nel corso degli anni. Difatti è facilmente comprovabile come tra Servilio Vatia e il vecchio filosofo ci sia un divario di appena 105 anni. È molto probabile, quindi, che il c.d. Antro del Cerbero un tempo fungesse da tunnel stradale di collegamento tra l'approdo e la parte retrostante della villa di Publio Servilio Vatia. Solo successivamente, causa i ben noti stravolgimenti morfologici provocati dal bradisismo flegreo, invaso dal mare, è stato collegato al lago Fusaro.